Cocaina: cenni storici e azione biochimica

Cocaina: cenni storici e azione biochimica

Ho deciso di scrivere un post tecnico, riferendomi ad alcuni testi scientifici, in particolare al libro “Droghe, tossicofilie e tossicodipendenza”, a cura di Alessandro Salvini, Ines Testoni e Adriano Zamperini, tutti docenti dell’università di Padova.

L’altro testo dal quale ho tratto alcuni di questi dati si intitola “Cocaina, Manuale di aggiornamento tecnico scientifico” a cura di Giovanni Serpelloni, Teodora Macchia, Gilberto Gerra.


Cenni storici

La cocaina è un alcaloide estratto dalla pianta della Coca (Erytroxylon Coca), un arbusto sempreverde che si coltiva prevalentemente nell’America centromeridionale, in particolare in Perù, Bolivia e Colombia.

Per migliaia di anni le foglie di questo arbusto sono state utilizzate delle popolazioni delle Ande per:

  1. Aumentare la resistenza alla fatica.
  2. Alleviare la fame.
  3. Dare sensazioni di benessere.
  4. Scopi religiosi.
  5. Scopi medici.
  6. Scopi sociali.

Forse non tutti sanno che il fisiologo Paolo Mantegazza e il botanico Clement Markham sono stati tra i primi a fare conoscere ai medici europei le virtù delle foglie di coca, trasformandola in un possibile ritrovato medico.

Nel 1859 Mantegazza pubblicava a Milano un saggio dal titolo: “ Sulle virtù igieniche della coca e degli alimenti nervosi in genere.”

Grazie a questa pubblicazione si diffusero le conoscenze sul possibile utilizzo delle foglie di coca e dei suoi estratti tra i medici dell’epoca.

Nel 1857 due chimici, Gaedacke e Percy, distillarono dalle foglie di coca un’alcaloide a cui diedero il nome di Erythroxina, derivandolo dal nome della specie botanica a cui la pianta di coca appartiene.

Nel 1859 Albert Niemann, un chimico tedesco, riuscì ad ottenere la cocaina pura.

Nella seconda metà dell’Ottocento le applicazioni mediche della cocaina divennero di moda.

Nel 1882 la cocaina entrava a fare parte ufficialmente della farmacopea degli Stati Uniti, che da lì a poco sarebbe divenuto il paese con i maggior numero di cocainomani presenti.

Successivamente il consumo di cocaina si diffuse e divenne molto popolare tra i letterati che finirono per essere imitati diffondendo l’uso della sostanza tra le elitè sociali del tempo.

Negli anni Quaranta il consumo di cocaina crollò, sostituito da una nuova ed efficace classe di psicostimolanti, meno costosa, più maneggevole, non proibita e considerata priva di tossicità: le anfetamine (ma questa è un’altra storia!)

Negli anni Settanta la cocaina tornò in auge, quando divenne un complemento insieme ad altre droghe ai generi musicali underground come il rock, nel più vasto movimento della controtendenza giovanile.

Le caratteristiche e l’azione biochimica

La cocaina provoca effetti psichici e comportamentali attraverso una potente attività sul cervello e il suo abuso è associato a numerosi affetti nocivi sulla salute.

La cocaina produce i suoi effetti agendo come potente inibitore del trasportatore della dopamina impedendo il riassorbimento della dopamina all’interno del neurone. Il blocco reuptake della dopamina conseguente ad inibizione del trasportatore della dopamina (DAT) si traduce in un accumulo di questo neurotrasmettitore a livello dello spazio sinaptico. Questa attività si esplica anche a carico dei trasportatori della noradrenalina e della serotonina.

I meccanismi che correlano la stimolazione del sistema dopaminergico agli effetti della cocaina non sono completamente conosciuti.

Le aree cerebrali principalmente implicate nelle funzioni dopaminergiche che regolano le funzioni emotive e l’integrazione fra percezione , emozioni e pensiero sono l’ipotalamo, il sistema limbico, i nuclei della base e il sistema reticolare.
Questi sistemi hanno complesse relazioni con le aree corticali e sottocorticali deputate alla regolazione delle funzioni cognitive (pensiero, memoria, ecc.) e del comportamento.

In ambito tossicomanico la cocaina può essere assunta attraverso diverse vie:

1. orale

2. inalatoria (sniffo)

3. respiratoria (fumo)

4. parenterale (endovenosa, sottocutanea, intramuscolare)

La via di assunzione più comunemente utilizzata è quella inalatoria.

Dopo l’assunzione la cocaina si distribuisce ampiamente nell’organismo e passa con facilità la barriera ematoencefalica.

Le sensazioni sperimentate dai consumatori sono generalmente piacevoli e si presentano in tre fasi:

1. euforia, piacere, orgasmo, veloce come un lampo, che dura pochi secondi.

2. Eccitazione, accompagnata da sensazione di energia, lucidità e produttività intellettuale, accelerazione emotiva a cui si associano sensazioni di sicurezza, di benessere fisico, di scomparsa di dolori e di stanchezza, del sonno e dell’appetito: questa fase dura da 5 a 20 minuti, ma può anche prolungarsi per diverse ore a seconda della modalità di assunzione, alla quantità e della purezza della sostanza.

3. Una fase finale di disforia, con sentimenti di irrequietezza, agitazione e depressione. Da qui è facilmente intuibile come si generi la compulsione che porta il soggetto a ricominciare ad usare subito dopo.

Tutto questo per dire che l’utilizzo di sostanze non si spiega in un solo modo.
Certamente quelli elencati precedentemente sono gli effetti che la maggior parte delle persone sperimenta. Ma non dimentichiamo che esiste anche un aspetto soggettivo legato al consumo di sostanze.

Credo sia importante dire questo proprio per evitare di relegare le persone dentro ad etichette statiche che di certo non aiutano quando ci si trova a lavorare con persone che hanno questo tipo di problema.

Maria Leoni è una Dottoressa Psicologa e Psicoterapeuta specializzata in Psicoterapia (individuale e di coppia, adolescenti e sostegno alla genitorialità), Dipendenze, Sessuologia, Ipnosi Eriksoniana e Terapia EMDR.

2 Commenti

  1. Autore
    Silvia 13 anni fa

    Bel post, interessante e scritto bene.

    Sai …quando ero in Perù a 4.800 m di altezza sono collassata causa altitudine e i peruviani, quando mi son ripresa, mi han dato da bere un infuso a base di mate de coca e altre erbe che mi avrebbero aiutato a riprendermi.

    I sintomi del male di montagna (in peruviamo soroche) sono tremendi e persino loro ne soffrono tuttora (nonostante secoli di predisposizione genetica) quando raggiungono le cime più alte. Lancinante mal di testa, attacchi di depressione inspiegabile e difficoltà nel respiro: io ne ho sofferto e ti assicuro che è una brutta esperienza.

    Effettivamente la civiltà incaica ha un rapporto molto diverso con la pianta di coca, per certi versi molto affascinante. Ma con il mondo delle erbe medicinali in genere, c’è una cultura profonda legata all’omeopatia che è utilizzzatissima (ne avrei da raccontarti).

    La cosa triste è che la maggior parte degli occidentali che vanno in Perù sono colti da una specie di “febbre collettiva” mista a ossessiva curiosità sulle abitudini e tradizioni legate a questo argomento, che invece per questa gente fa parte di una cultura volta alla sopravvivenza.

    Nei 4 gg dell’Inca Trail, il trekking che ti porta fino a Machu Picchu molti alleviano i sintomi dovuti all’altitudine e allo sforzo fisico masticando le foglie di coca avvolte in una pietruzza di cenere salata, necessaria per attivare l’effetto delle foglie – così come consigliato dalle guide e dai porters. Effettivamente l’altitudine e il superare cime come il Dead Woman Pass non è uno scherzo, però l’Inca Trail non è poi così duro (il punto più alto è a soli 4.215 m) e l’ossessione di certi occidentali per le foglie di coca mi sembra anche un pò eccessiva.

    • Maria Leoni 13 anni fa

      Molto interessante la storia che Silvia ci racconta! Un tuffo in una cultura diversa dalla nostra e che ci mostra un’altro punto di vista. Un altro significato…Perciò grazie Silvia!

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